29 agosto 2016

Esecuzione immobiliare: liberazione senza giudice da settembre 2016

L’art. 559 c.p.c., in tema di espropriazione forzata immobiliare, prevede la facoltà del Giudice dell'Esecuzione di nominare un Custode dei beni immobili pignorati, attribuendone i compiti.
Tale facoltà è attualmente esercitata nella grande maggioranza delle procedure esecutive immobiliari.
Il custode si deve adoperare in modo tempestivo per curare la gestione dell’immobile pignorato e, qualora l’immobile pignorato sia occupato, deve occuparsi della liberazione.
L’art. 560 c.p.c., comma 3 stabilisce che “Il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento non impugnabile, la liberazione dell'immobile pignorato, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca la detta autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile.
La procedura esecutiva per la consegna o rilascio dell’immobile, prevista dagli articoli da 605 a 611 c.p.c. prevede l’intervento di un soggetto pubblico, che svolge in modo professionale un compito molto delicato e a volte pericoloso: l'Ufficiale Giudiziario.
L’intervento dell’Ufficiale Giudiziario è molto importante nella fase esecutiva dell’esecuzione forzata che porta al rilascio dell’immobile.
Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo, del precetto e del preavviso si reca nel luogo ove si trova l'immobile oggetto di rilascio, per dar corso all'esecuzione.
Rientra nei poteri e doveri dell'Ufficiale Giudiziario, ai sensi degli articoli 608 e 513 c.p.c., aprire porte, ripostigli e recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione.
Per svolgere il proprio compito l’Ufficiale Giudiziario può chiedere l’intervento della Forza Pubblica e chiedere l’assistenza di ausiliari (ad esempio il fabbro), previa autorizzazione del G.E.
Normalmente, in queste attività, il Custode Giudiziario assiste alle operazioni e, una volta ottenuto il rilascio dell’immobile, ne viene immesso nel possesso dall'Ufficiale Giudiziario.
La conoscenza del ruolo, formatasi anche con l’esperienza, aiuta l’Ufficiale Giudiziario a comprendere il comportamento più giusto da tenere a seconda della situazione che si trova a fronteggiare, specie in presenza di persone o cose.
Il recente Decreto-Legge 3 maggio 2016, n. 59 recante “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.102 del 3-5-2016 introduce importanti modifiche alla procedura di liberazione dell’immobile soggetto ad esecuzione immobiliare.
L’articolo 4, comma 1) lettera d) del D.L. 59/16 - recante “Disposizioni in materia espropriazione forzata” - ha previsto la sostituzione del quarto comma dell'articolo 560 con il seguente:
“Il provvedimento e' attuato dal custode secondo le disposizioni del Giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalita' di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano.
Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68.”
Il comma quarto si lega al precedente comma 3 ed esclude pertanto l’Ufficiale Giudiziario dall’attività di liberazione dell’immobile, affidandone in esclusiva i compiti al Custode Giudiziario.
In base al comma 4 dell’art. 4, comma del D.L. 59/16 “La disposizione di cui al comma 1, lettera d), n. 1), si applica agli ordini di liberazione disposti, nei procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, successivamente al decorso del termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”
Considerando i sessanta giorni a disposizione del Parlamento per la conversione in legge del decreto, i tempi tecnici necessari alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la necessità di far decorrere ulteriori 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, si ritiene che le prime liberazioni effettuate dai Custodi senza l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario non verranno avviate prima di settembre 2016.
In considerazione dell’iter parlamentare che deve svolgere il decreto legge, si ritiene utile svolgere le seguenti considerazioni:
   una procedura esecutiva immobiliare può avere successo solo se i possibili acquirenti riescono ad avere certezza dei tempi necessari per entrare in possesso del bene acquistato;
   la delicatezza dei compiti assegnati al Custode Giudiziario comporta le necessità di studio e specializzazione, utili al fine della formazione dell’esperienza indispensabile al miglior svolgimento dell’incarico;
il ruolo dell’Ufficiale Giudiziario è molto importante nella fase della liberazione dell’immobile ed il costo per la procedura è tutto sommato ridotto. Si auspica pertanto un ripensamento da parte del legislatore, anche per evitare il ripetersi di recenti tragici fatti di cronaca.
Fonte: il portaledelCTU
29-08-2016

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28 agosto 2016

Requisiti di un amministratore

Ai sensi del nuovo art. 71-bis disp. att. c.c.:
“ Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio coloro:
a) che hanno il godimento dei diritti civili;
b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) che non sono interdetti o inabilitati;
e) il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari;
f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.
Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.
La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall'incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell'attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l'obbligo di formazione periodica”.
In primis, per sintetizzare quanto detto dal primo comma dell'articolo succitato, chi vuole svolgere l'incarico di amministratore non deve avere o aver avuto “grane giudiziarie”, deve aver conseguito il diploma di scuola superiore e non dev'essere stato protestato ed aver svolto un corso iniziale di formazione nonché svolgere attività periodica di aggiornamento.
Prima eccezione. I così detti amministratori interni non devono essere diplomati né aver seguito un corso iniziale né, per finire, saranno tenuti all'aggiornamento periodico. Insomma per chi amministra il proprio condominio non cambierà nulla, fermo restando i requisiti riguardanti condanne e protesti.
Seconda eccezione. Chi ha svolto l'attività di amministratore per almeno un anno nell'arco del triennio 18 giugno 2010 - 18 giugno 2013 non dovrà rispettare i requisiti del diploma e del corso iniziale di formazione ma solamente quello della formazione periodica.
Fonte: web
28-08-2016

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18 agosto 2016

Deposito cauzionale


Il deposito cauzionale, meglio conosciuto come cauzione, è richiesto dal proprietario che affitta all'inquilino, al fine di ricevere una garanzia per le obbligazioni assunte in un contratto di locazione. Il deposito è previsto dalla legge allo scopo di tutelare (almeno in parte) il proprietario di un appartamento contro i possibili danni causati dall'inquilino all'immobile (la legge prevede che la restituzione dell'immobile debba avvenire nello stato originario, salvo la naturale usura), nonché per difenderlo da eventuali non-pagamenti degli ultimi mesi di locazione, ed in generale contro ogni possibile inadempimento da parte dell'inquilino.
In caso d'inadempienza contrattuale tale somma a deposito potrà diventare di proprietà del locatore. Il deposito cauzionale è disciplinato dall'articolo 11 della legge 392/78, che stabilisce che esso non può superare l'importo pari a tre mensilità del canone mensile ed è produttivo di interessi al tasso legale, da corrispondersi al termine di ogni anno di locazione.
Questa limitazione è garantita dal "presidio di nullità" (art.79 legge equo canone), ancora valido per le locazioni non abitative: quelle relative ad uffici, immobili commerciali, artigianali e industriali. Per le locazioni abitative, invece, si ritiene ormai che, per effetto dell'abrogazione dell'art.79, superato dall'art.14 della legge di riforma degli affitti (431/98), si sia aperta la strada a deroghe, qualora concordate tra le parti, tali per cui si potrà stabilire un deposito di cifra superiore alle tre mensilità e non produttivo di interessi legali.
Per i contratti a canone concordato (contratto di 3 anni + 2, transitori e universitari) il D.M. 5.03.99, confermato poi dal D.M. 30.10.2002, non aveva recepito la liberalizzazione, imponendo la limitazione alle tre mensilità.
Nel caso in cui gli interessi legali maturati sino al momento del rilascio dell'appartamento non siano stati corrisposti annualmente, dovranno essere rimborsati insieme al deposito cauzionale.
Il motivo per cui la legge e le varie sentenze, poi, evidenziano l'obbligo del rimborso degli interessi da parte del locatore (l'interesse rappresenta l'adeguamento di una somma al suo valore corrente) è che, in mancanza, la cauzione diventerebbe un immotivato incremento del corrispettivo di locazione, e questo perché il denaro è solo prestato in garanzia e non è proprietà del locatore.
Il deposito cauzionale può essere versato con:
   versamento in contanti
   una garanzia fidejussoria -bancaria od assicurativa
   libretto di risparmio bancario/postale
La restituzione del deposito cauzionale ed il versamento degli eventuali interessi non ancora versati, potranno avvenire solo a seguito del rilascio dell'appartamento da parte dell'inquilino: dovrà essersi risolto il vincolo contrattuale, ed il proprietario dovrà accertarsi che l'inquilino abbia adempiuto a tutti i suoi obblighi.
Nel caso il deposito, o gli interessi relativi, non vengano rimborsati dal proprietario, l'inquilino ha 10 anni di tempo - prima che intervenga la prescrizione- per inviare il decreto ingiuntivo e pretenderne il rimborso.

Se il proprietario dovesse trattenere la somma in deposito a titolo di rimborso danni, senza proporre contestualmente la domanda giudiziale per l'attribuzione, l'inquilino potrebbe sottoporre ad un giudice un decreto ingiuntivo per ottenerne il rimborso; contro tale decreto il proprietario potrà fare a sua volta opposizione, dimostrando il danno e, di conseguenza, il diritto ad ottenere il rimborso dello stesso. È giusto precisare che, in presenza di un danno che il proprietario può dimostrare, pur ottenendo l'ingiunzione per il mancato rimborso, si va incontro solo a spese e guai, perchè, alla fine, il giudice non potrà non dare ragione al locatore.
Fonte: web
18-08-2016
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15 agosto 2016

Mattoni pesanti

Continua a rallentare la discesa dei prezzi del mercato residenziale italiano e, secondo l’Osservatorio condotto dall’Ufficio Studi di Immobiliare.it, nel primo semestre 2016 la riduzione è stata del 2,1%. Si conferma quindi la tendenza evidenziata nelle rilevazioni precedenti che avevano fatto registrare, per il 2015 un -5,1% sui dodici mesi, diventato poi -2,9% nel secondo semestre dello scorso anno.
A giugno 2016 il prezzo medio di un immobile italiano è stato pari a 1.964 euro al metro quadrato, anche se con oscillazioni importanti lungo lo Stivale; al Nord il costo evidenziato dall’Osservatorio sul mercato residenziale italiano messo a punto dall’Ufficio Studi di Immobiliare.it è pari a 1.969 euro al metro quadro che diventano 1.652 euro al Sud e addirittura 2.381 euro al metro quadro al Centro.
Importante anche la differenza in termini assoluti fra grandi e piccoli centri: nelle località con oltre 250.000 abitanti il costo medio al metro quadro è pari a 2.610 euro; 1.721 euro per ciascun metro quadrato nei comuni con meno di 250.000 residenti.  Le differenze, però, diventano minime se si analizzano i valori, e le relative variazioni, in termini percentuali; tanto al Nord quanto al Sud Italia i prezzi si sono ridotti del 2% su base annua e, rispettivamente, dello 0,7% e dello 0,6% da marzo a giugno 2016. Al Centro le diminuzioni di costo sono state pari al 2,5% nei dodici mesi e allo 0,5% nell’ultimo trimestre. La situazione varia poco anche se l’analisi viene fatta considerando come parametro la dimensione della città; nell’anno i prezzi si sono ridotti dell’1,9% nei grandi centri, del 2,2% in quelli più piccoli.

Anche nel primo semestre del 2016 Firenze conserva il primato di capoluogo di regione più caro d’Italia con un prezzo al metro quadro pari a 3.418 euro, comunque inferiore dello 0,4% rispetto al 2015; seconda, nella classifica dei prezzi, è Roma che registra un calo importante nell’anno (-2,4%) e arriva ad una media di 3.381 euro al metro quadro sorpassando di un soffio Milano che si ferma a 3.255 euro (-0,3% nell’anno). Osservando la classifica dal lato opposto, il capoluogo di regione più economico è Catanzaro, dove per comprare casa si spendono mediamente 1.162 euro (-2,7% nell’anno), seguito da Campobasso (1.292 euro/mq; -6,7% rispetto al 2015) e Perugia (1.311 euro/mq; -6,5% rispetto al 2015). Il capoluogo di regione che nel corso degli scorsi dodici mesi ha subito il calo maggiore dei prezzi è Aosta: ai piedi del Monte Rosa i costi delle case sono scesi dell’8,2%. Uno solo dei venti capoluoghi di regione italiana ha visto invece crescere il prezzo degli immobili: è Potenza che con 1.693 euro al metro quadro porta la variazione al +1,8% su base annua e addirittura al +2,2% da marzo a giugno 2016.
fonte: web
15-08-2016
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