21 luglio 2015

Il mercato degli uffici

Il mercato degli uffici, intervista a Stefano D’Alberti di Cosmoreb.com
Nei primi mesi dell’anno abbiamo registrato un aumento della domanda da parte di nuovi clienti oltre che a quella parte cosiddetta “di sostituzione”. le aziende sono consce del repricing che esiste dal 2007/2008 di conseguenza sono attente a valutare eventuali nuove location proposte sul mercato a prezzi inferiori, che offrano caratteristiche di qualità del fabbricato e degli ambienti, i fattori di flessibilità degli spazi ed alta efficienza energetica sono fondamentali. inoltre, che siano ben posizionate e facilmente raggiungibili dal proprio staff tramite le linee della metropolitana o dei passanti ferroviari. l’obiettivo che si pone il management è quello di attuare un saving tramite l’acquisizione di spazi uso ufficio in cui i propri addetti possano comunque lavorare in ambienti funzionali e gradevoli. Si conferma l’inversione di tendenza iniziata nel 2013 con l’aumento delle transazioni rispetto agli anni precedenti. inoltre, stiamo assistendo al fenomeno – ad oggi ancora modesto – di un tipo di domanda volta all’acquisto da parte di alcune società.
infatti, un gruppo ristretto di aziende decide per la propria nuova sede non di acquisirle in locazione ma di acquistarle poiché in questo periodo è fattibile usufruire di finanziamenti e leasing grazie ad una riapertura del credito con tassi bassi.
Chi sono i clienti maggiormente attivi sul mercato uffici, alla ricerca di spazi?

Le attività più dinamiche sono quelle dei settori: energia, finanza, gruppi assicurativi e di brokeraggio, farmaceutico, moda-lusso, editoria digitale, comunicazione & marketing e società di servizi nonché tutte quelle attività che operano nel campo del welfare privato (didattico, benessere e sanitario). Questa tipologia di azienda vede, stante il business in ripresa, il proprio organico in crescita. così come avvengono, rese necessarie dal mercato, delle incorporazioni-fusioni con altre società che determinano così l’esigenza di acquisire nuovi spazi concentrando in modo razionale, tutti gli addetti in un’unica sede .
C’è qualche trend da sottolineare in ambito di canoni di locazione o siamo ancora in fase di stabilità? Nonostante si calcolino più transazioni, si confermano i valori di locazione nell’ultimo anno così come si assiste ancora al fenomeno delle rinegoziazioni.
la stabilità dei prezzi coincide con un’ampia forbice costituita da un minimo di €100/mq a un massimo di €500/mq. il valore minimo appartiene alla periferia nonché a quelle location che necessitano di inter- venti interni di ristrutturazione poiché dotati di classe energetica non efficiente (classe G o F) sebbene l’ubicazione sia nella Municipalità di Milano. il valore massimo coincide con gli spazi posizionati nel cuore della città. tali immobili sono uffici di pregio e di rappresentanza, di nuova costruzione o in perfetto stato. il fenomeno delle rinegoziazioni, come si diceva, avviene a seguito del fatto che molte aziende versano ancora in fase di difficoltà dopo aver diminuito, necessariamente, il proprio organico negli anni più recenti e avendo, di conseguenza, spazi in eccedenza. Da qui la necessità di negoziare nuovi accordi economici con il locatore o liberare parte degli uffici non occupati o entrambe le cose. La finalità è anche contenere il canone che avevano contrattualizzato negli anni 2008/2009 a valori economici certamente più elevati di quelli attuali. le proprietà pertanto, a determinate condizioni, decidono di rivedere gli aspetti contrattuali con il proprio tenant per evitare di correre il rischio di avere del vacant in considerazione di tutta la vacancy presente sul mercato. per quanto concerne il trend sulla vendita, la domanda di acquisto per uso strumentale, come detto, si man- tiene modesta e i valori in periferia registrano importi da 1.500-2.000€/mq così come nel centro i prezzi sono compresi tra 7.000-8.000€/mq.
Va detto che in fase di negoziazione le cifre richieste sono oggetto di trattabilità raggiungendo sconti prossimi al 10%.
Su Milano quali sono le zone più in crescita per il mercato uffici e quali invece che soffrono maggiormente?

Partendo dal centro storico di Milano, che ha sempre avuto e manterrà un appeal elevato, una zona ormai molto richiesta è quella di porta nuova e immediati dintorni. le ultime e nuove linee metropolitane rea- lizzate, la massiccia presenza di mezzi di trasporto nonché il contesto immobiliare ed urbanistico ben riuscito e la vicinanza al centro di Milano, sono i motivi di attrazione per i corporate nella grande area riqualificata. Dopo maire tecnimont e uniCredit, le multi- nazionali che hanno deciso di portare qui la propria nuova propria sede sono numerose, vedi Samsung, google, nike, per citarne alcune.
così come attraente sta diventando tutta la zona prospiciente quest’ultima dove si registrano nuovi contratti con altrettante multinazionali che hanno voluto trasferirsi quali: State Street, Walt Disney nelle immediate vicinanze alla Stazione centrale, general electric in via Melchiorre gioia, fronte palazzo regione Lombardia, nonché, in corso di realizzazione, il nuovo edificio della sede di Fondazione Feltrinelli in porta Volta.
l’area quindi si allarga diventando un polo molto ampio.
Fra le zone meno richieste vi sono quelle periferiche e prive di collegamenti con la rete metropolitana.
Quindi per quegli edifici ad uso direzionale che sono lontani dalla MM c’è l’esigenza di ripensare inequivocabilmente di riutilizzare gli spazi mediante riconversione ad altre destinazioni d’uso in relazione al tessuto urbano circostante.
il primo requisito di ricerca che un’azienda deve soddisfare è costituito dall’ubicazione. può essere centrale, semicentrale o periferica, dettata dai budget di spesa dell’azienda, ma non può prescindere dalla vicinanza a una fermata di una metropolitana.
Da considerare che il vacancy attuale è pari a più di 1.500.000 di mq, da qui si comprende bene che le aziende hanno possibilità di trovare altro...
Fonte: QuotidianoImmobiliare.it

Luglio 2015

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Le tasse sugli Immobili sono triplicate negli ultimi anni

In 4 anni le imposte locali sugli immobili sono quasi triplicate, passando dai 9 miliardi di gettito Ici del 2009 ai circa 25 miliardi tra Imu e Tasi dello scorso anno.
A dirlo è Confedilizia, che ha fatto sapere: “Con il 2015, la proprietà immobiliare si troverà, per il quarto anno consecutivo, a subire un livello di imposizione tributaria insostenibile, tale da rendere urgente un’inversione di tendenza attraverso una riduzione del carico fiscale”.
Secondo le elaborazioni dell’associazione dei proprietari, i dati di gettito degli ultimi 4 anni sono stati i seguenti:
2011 – Ici: 9,2 miliardi
2012 – Imu: 23,8 miliardi
2013 – Imu e Mini Imu: 20,4 miliardi
2014 – Imu e Tasi: 25,0 miliardi
Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha fatto sapere: “Questi dati dimostrano come l’imposizione tributaria sugli immobili necessiti di un intervento di riduzione a tutto tondo: per ragioni di equità e per porre rimedio ai danni provocati da una politica fiscale sbagliata”.
E ha aggiunto: “Il numero di compravendite è crollato proprio a partire dal 2012, anno di introduzione dell’Imu, e il mercato non accenna a riprendersi. In fortissima crisi, sempre per l’eccesso di tassazione, versa anche l’affitto, abitativo e non abitativo, con tutte le conseguenze di ordine sociale ed economico che possono immaginarsi. Vi è poi la caduta dei consumi causata dalla perdita di valore degli immobili (stimata in circa 2.000 miliardi) e dall’effetto che tale riduzione ha prodotto su milioni di proprietari. Per rispondere a questa situazione drammatica serve una risposta forte e complessiva, una riduzione fiscale che riguardi tutti gli immobili”.
Fonte: Idealista.it

21-07-2015

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8 luglio 2015

Pignoramento prima casa

La Camera ha approvato le mozioni di maggioranza volte ad arginare i pignoramenti delle prime case. Si tratta di due testi che impegnano il governo a valutare l'opportunità di approvare misure di sostegno a favore dei mutuatari, mentre non passano le proposte dell'opposizione che volevano "l'impignorabilità assoluta" della prima casa.
Nello specifico il testo approvato impegna l'esecutivo a "valutare l'opportunità di adottare iniziative di rango normativo e ad individuare misure di natura economica per la gestione dei mutui ipotecari per la prima casa in sofferenza, con particolare riferimento ai nuclei famliari, soprattutto quelli numerosi, che si trovano in situazione di temporanea insolvenza".
Approvata anche la mozione del Pd che impegna il governo  "a valutare l'opportunità di effettuare un'analisi approfondita ed aggiornata al fine di definire le misure da mettere in campo per arginare il fenomeno dei pignoramenti degli immobili adibiti ad abitazione principale". Niente da fare per la mozione delle opposizioni che spingevano per l'impignorabilità della prima casa.
Fonte: idealista.it
08-07-2015

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7 luglio 2015

Condominio minimo

Per la costituzione del condominio non assume rilievo il numero dei condomini, che il Codice civile prende in considerazione solo per determinare i casi in cui è obbligatorio dotarsi di un regolamento o nominare un amministratore.
Dunque, è ben possibile configurare una situazione di condominio in presenza di due soli partecipanti (c.d. condominio minimo), fattispecie pacificamente riconosciuta in dottrina e giurisprudenza. Più complessa si presenta invece la questione della normativa da applicare. Ci si chiede, in altri termini, se il condominio minimo rientri nel campo di applicazione delle norme sul condominio o in quello della comunione in generale.
Secondo un primo orientamento, alla fattispecie in esame si applicherebbe la disciplina generale della comunione: in presenza di due soli partecipanti non si può parlare di condominio, in quanto risulta impossibile formare le maggioranze richieste dalle legge per il governo delle parti comuni e, di conseguenza, non risulta applicabile l'art. 1136 c.c. per tutto ciò che riguarda il funzionamento dell'assemblea. La giurisprudenza più recente, invece, ha affermato che la destinazione funzionale delle parti comuni dell'edificio al servizio delle proprietà esclusive esiste in modo identico in tutte le possibili ipotesi condominiali, indipendentemente dal numero dei partecipanti, per cui non vi è motivo di disattendere la normativa condominiale anche nel caso di due soli condomini.
Invero, è stato osservato che i problemi legati all'impossibilità per l'assemblea di deliberare a maggioranza possono verificarsi anche nei condomini con un numero di partecipanti superiore a due, come nel caso, ad esempio, di condominii in cui potrebbero precostituirsi delle fazioni contrapposte di eguale partecipazione numerica e rappresentanza millesimale. Ne consegue l'applicazione degli artt. 1117 c.c. e ss. anche al c.d. condominio minimo, con la sola esclusione dell'applicabilità delle c.d. norme procedimentali (cioè di quelli relative al funzionamento dell'assemblea). Per queste ultime, opera il rinvio ex art. 1139 c.c., con applicazione delle norme dettate per la comunione generale (in particolare gli artt. 1104, 1105, 1106 c.c.) (Cass. civ., 26.5.1993, n. 5914).
Negli anni 2000 la Corte di Cassazione è intervenuta in maniera più netta sull'argomento precisando che nel caso di condominio composto da soli due partecipanti le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera, adottata previa rituale convocazione dell'assemblea dei condomini, della quale non costituisce valido equipollente il mero avvertimento o la mera comunicazione all'altro condomino della necessità di procedere a determinati lavori. Il principio della preventiva convocazione e successiva deliberazione dell'assemblea può essere derogato solo se vi sono ragioni di particolare urgenza (Cass. civ., 3.7.2000, n. 8876).
Tale orientamento è stato da ultimo confermato dalle Sezioni Unite con la sentenza 30 gennaio 2006 n, 2046. Intervenendo a dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi in materia, il supremo Consesso ha stabilito che la disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, tanto con riguardo alle disposizioni che regolamentano la sua organizzazione interna, non rappresentando un ostacolo l'impossibilità di applicare, in tema di funzionamento dell'assemblea, il principio maggioritario, atteso che nessuna norma vieta che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso, nella specie all'unanimità, quanto, a fortiori, con riferimento alle norme che regolamentano le situazioni soggettive dei partecipanti, tra cui quella che disciplina il diritto al rimborso delle spese fatte per la conservazione delle cose comuni (Cass. civ., S.U., 30/01/2006, n. 2046. Conforme, Cass. civ. 03/04/2012, n. 5288).
Fonte: condominioweb.com

07-07-2015


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