Esiste un importo minimo di debito in base al quale il creditore
potrà pignorare un immobile di proprietà come la prima casa o un terreno? In
linea generale, i creditori possono intraprendere una procedura esecutiva per
qualsiasi importo (sempre che ne abbiano una reale convenienza economica),
tuttavia bisogna distinguere se ad azionare l'esecuzione forzata è un agente
della riscossione (come Equitalia) oppure un privato:
Il pignoramento del creditore privato
In ossequio al dettame codicistico per cui il debitore risponde
dell'adempimento delle obbligazioni con tutti
i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.), i creditori privati
(come banche, fornitori, ecc.) potranno ipotecare e procedere alla vendita di
un bene immobile del debitore, come un terreno o la casa (anche se sia la prima
dove egli ha stabilito la propria residenza).
Non esiste alcun limite quando si tratta di tali soggetti, che
possono procedere, così come avviene per i pignoramenti mobiliari e presso
terzi per qualunque importo,
anche di basso ammontare, sempre che ne ravvisi la convenienza economica.
Diverso è invece il caso in cui il creditore procedente sia Equitalia che non potrà procedere per
il pignoramento della prima casa se questa sia "l'unica casa", ossia se il contribuente non sia
proprietario di altri immobili, e questa sia una civile abitazione, non di
lusso, in cui il debitore abbia stabilito la sua residenza.
Ciò significa a contrario che sarà pignorabile l'immobile, anche unico, adibito a studio professionale,
oppure dato in affitto a terzi oppure sia di lusso e/o iscritto nelle categorie
catastali A8 (ville) e A9 (castelli).
Quando il creditore è Equitalia,
inoltre, sono previsti alcuni ulteriori limiti
all'azione: prima del pignoramento dovrà sempre iscrivere ipoteca; tale ipoteca potrà essere iscritta solo per un
debito superiore a 20.000 euro
e, infine, il pignoramento potrà essere avviato solo per un debito superiore a 120mila euro.
Con il d.l. 3 maggio
2016 n. 59, recante "Disposizioni urgenti in materia di
procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche
in liquidazione", il legislatore ha inteso introdurre una serie di
misure in tema di espropriazione
forzata allo scopo di rendere il processo esecutivo più snello e veloce,
accelerando la definizione delle procedure esecutive in materia civile.
La normativa consente, quando creditore sia una banca o altro soggetto autorizzato a concedere
finanziamenti nei confronti del pubblico, che questo possa rivalersi sull'immobile finanziato in
caso di inadempimento del
debitore, procedendo tramite trattative private al trasferimento o alla vendita
dell'immobile senza che sia necessario
l'intervento dell'autorità giudiziaria. In sostanza si tratta di una
procedura alternativa alla tradizionale ipoteca che, viste le tempistiche
ridotte, consente un più rapido soddisfacimento delle pretese creditorie.
Secondo l'art. 2, comma II, al proprietario dovrà essere corrisposta l'eventuale differenza tra
il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto e delle
spese di trasferimento.
Si ha inadempimento,
a detta della legge, quando il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate,
anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili; in
alternativa, per oltre sei mesi dalla scadenza anche di una sola rata, quando
il debitore è tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori
al periodo mensile; ovvero, per oltre sei mesi, quando non è prevista la
restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale, dalla scadenza
del rimborso previsto nel contratto di finanziamento.
La legge precisa, infine, che il trasferimento non può essere convenuto in relazione a immobili
adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi
parenti e affini entro il terzo grado.
Fonte:
web
20-05-2016
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