23 aprile 2015

Come e dove vivono gli Italiani

In italia l'88,5% degli edifici sono adibiti a uso residenziale, di questi quasi il 70% hanno più di 30 anni. questo è solo uno dei dati forniti dall'analisi di tecnoborsa sul 15º censimento generale delle popolazione e delle abitazioni, dal quale emerge inoltre che il 71,9% delle famiglie vive in case di proprietà. ma vediamo tutti i dettagli
epoca di costruzione – nel dettaglio, se si prende in considerazione l’epoca di costruzione, si nota che in italia il 9,4% della popolazione residente che vive in famiglia alloggia in abitazioni situate in edifici residenziali costruiti prima del 1919; il 7,9% in edifici realizzati tra il 1919 e il 1945; il 13,2% in quelli edificati tra il 1946 e il 1960; il 38,8% tra 1961 e il 1980; il 22,3% tra il 1981 e il 2000 e il restante 8,4% tra il 2001 e il 2011.
suddivisione territoriale – in liguria più della metà delle persone residenti in famiglia vive in edifici costruiti prima del 1960; seguita da toscana (41,8%), molise (36,5%), trentino alto adige (36,2%) e valle d’aosta (35,5%). viceversa, è alta l’incidenza di persone (più del 10%) che dimora in edifici residenziali piuttosto nuovi (realizzati dopo il 2000) in sardegna, abruzzo, lombardia, emilia romagna, trentino alto adige e veneto. in tutte le aree il boom edilizio si è avuto nel ventennio tra il 1961 e il 1980
abitazioni – secondo quanto rilevato dall’istat, in italia nel 2011 sono state censite 31.208.161 abitazioni di cui 24.141.324 occupate da persone residenti, ossia il 77,3%. nei sei maggiori comuni italiani la percentuale è notevolmente superiore a quella nazionale: a napoli sono il 96%, a milano il 94%, a torino il 91,7%, a roma il 90,3%, a genova l’89,3% e a palermo l’85,4%. nei sei grandi comuni italiani in totale ci sono il 10,6% delle abitazioni e il 12,5% di quelle occupate da residenti rispetto al censimento del 2001 le abitazioni nel loro complesso sono aumentate del 14,3%. a livello regionale gli incrementi più significativi si sono avuti in umbria (20,9%), veneto (19,3%), marche (19,1%) ed emilia romagna (18,8%). per quanto riguarda i grandi comuni italiani l’incremento delle abitazioni è stato inferiore a quello nazionale, il più elevato si è registrato a roma (9,4%), seguita da palermo (6%), torino (5,1%), genova e milano a parità di punteggio (1,6%) e napoli, dove c’è stato un lieve decremento (-0,1%)
abitazioni persone residenti – per quanto riguarda le abitazioni occupate da persone residenti sono aumentate dell’11,5% e le variazioni più rilevanti si sono registrate nel lazio (16,2%), in umbria (15%), in trentino alto adige (14,9%), in veneto (14,6%) e in sardegna (14%), mentre la liguria è la regione in cui ci sono stati i tassi di variazione più bassi. il lazio è la regione in cui l’aumento delle abitazioni nel loro complesso è stato inferiore a quello degli alloggi occupati da residenti e, infatti, è quella che ha fatto registrare l’incremento più basso di abitazioni non occupate da persone residenti (3,9%). per quanto riguarda le grandi città solo roma presenta un valore superiore a quello medio nazionale con un incremento dell’11,9%, a torino è stato del 4,9%, a palermo del 4,8%, a milano del 3,6% a napoli del 3,3% e a genova dell’1,6%. le abitazioni non occupate da persone residenti, ossia le seconde case, sono aumentate in modo decisamente significativo (25,4%) nell’ultimo decennio intercensuario
titolo di godimento - il 71,9% delle famiglie italiane vive in abitazioni di proprietà, il 18% in case in affitto e il restante 10% in soluzioni diverse da proprietà e affitto. la campania e la valle d'aosta sono le regioni con la percentuale più alta di famiglie in locaizone, rispettivamente con il 24,4% e il 22,5%. in tutte le grandi città la quota di famiglie che risiedono in abitazioni di proprietà è inferiore alla media nazionale e napoli è quella in cui si registra la percentuale più alta di nuclei che vivono in alloggi presi in affitto 837,7%) seguita da milano (29,1%), palermo 828,9%), torino (28,1%), genova (21,9%), e roma (20,3%)
superficie – dal censimento del 2011 è emerso che le abitazioni occupate dai residenti nel nostro paese hanno una superficie media di 99,3 mq: nel nord-est la superficie sale a 105,2 mq e nelle isole a 100,9 mq; viceversa, nel nord-ovest scende a 95,8 mq e al centro a 97,3 mq. fatta eccezione per palermo le restanti cinque città con più persone residenti presentano una superficie media inferiore a quella nazionale
in italia il 13,4% delle abitazioni occupate da residenti hanno una superficie inferiore ai 60 mq, il 20,7% sono tra i 60 e i 79 mq, il 25,2% tra gli 80 e i 99 mq, il 17,4% tra i 100 e i 119 mq, il 12% tra i 120 e i 149 mq e il restante 11,3% hanno una superficie da 150 mq e oltre. nel nord-ovest vi è la più alta percentuale di case con una metratura inferiore agli 80 mq, nel nord-est, viceversa, c’è la più elevata incidenza di abitazioni con più di 149 mq, al centro sono sopra la media le case che vanno dai 60 ai 79 mq, al sud quelle dagli 80 ai 149 mq e nelle isole dai 100 ai 149 mq
edifici residenziali – prendendo in esame gli edifici residenziali, è stato rilevato che in italia sono 12.187.698. la concentrazione maggiore si trova in lombardia (12,2%) e in sicilia (11,7%), mentre quella più bassa in valle d’aosta (0,4%), molise (0,9%) e basilicata (1,3%). nel lazio, in lombardia, in campania e in liguria la densità abitativa è più elevata; situazione diametralmente opposta si registra in molise, in valle d’aosta, in sardegna, in abruzzo e in sicilia
in media, negli edifici a uso residenziale ci sono 2,6 abitazioni e la situazione appare molto disomogenea: si passa dalle 4,1 abitazioni della liguria all’1,8 della sardegna. a livello di macroaree, il nord-ovest (3,1 abitazioni) e il centro (2,9 abitazioni), presentano valori superiori a quello medio nazionale, mentre il sud (2,3) e le isole (2) fanno registrare valori inferiori. gli edifici residenziali dei comuni maggiori hanno in media un numero molto elevato di abitazioni per edificio: 15 a milano; 12,4 a torino; 10,4 a genova; 9,2 a roma; 8,9 a napoli e 6,2 a palermo
distribuzione della popolazione – in merito alla distribuzione della popolazione residente in edifici a uso abitativo rispetto al numero di interni è emerso che il 18,8% risiede in fabbricati con un solo interno, il 16,6% in quelli con due interni, il 34,4% in quelli che hanno fra tre e dieci interni e il restante 30,1% in quelli con più di 10 interni
le aree che presentano un’incidenza superiore al valore medio nazionale con un solo interno sono le isole (26,6%), il nord-est (21,6%) e il sud (20,6%); viceversa, nel nord-ovest e al centro è alta la quota di persone che risiedono in edifici con più di dieci interni (rispettivamente il 38,8% e il 33,4%). a livello regionale la situazione rilevata è piuttosto eterogenea: è alta l’incidenza delle persone che vivono in edifici con un solo interno in sardegna, molise, calabria, veneto e abruzzo; le zone che spiccano per la quota elevata di popolazione che vive in fabbricati con due interni sono l’umbria e il veneto; dai tre ai dieci interni il trentino alto adige e le marche; infine, con più di dieci interni la liguria, il lazio e il piemonte
impianto di riscaldamento – in italia l’8,6% delle abitazioni occupate da persone residenti non hanno un impianto di riscaldamento. il fenomeno è correlato alla posizione geografica: sono l’1% nel nord-est, l’1,4% nel nord-ovest, il 2,8% al centro, il 16,4% al sud e il 36,5% nelle isole. da un focus sulle sei grandi città emerge che a milano l’1,3% delle abitazioni occupate da residenti non hanno un impianto di riscaldamento, a roma sono il 2,5%, a genova il 2,7%, a torino il 4,3%
e ancora, il 65,1% delle abitazioni occupate da residenti hanno un impianto di riscaldamento autonomo; il 20,2% un impianto centralizzato, il 13,5% apparecchi singoli fissi che riscaldano alcune parti dell’abitazione e l’8,9% apparecchi singoli fissi che riscaldano l’intera abitazione o la maggior parte di essa. e’ alta l’incidenza di impianti autonomi nel nord-est e al centro: l’impianto centralizzato predomina nel nord-ovest; nelle isole e al sud prevale la presenza di apparecchi singoli fissi. nelle grandi città del nord e del centro italia è molto alta la quota di abitazioni con la presenza di impianti centralizzati ad uso di più abitazioni
Fonte: idealista.it
23-04-2015


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17 aprile 2015

Spese casa detraibili dal 730

Chi ha sostenuto a vario titolo delle spese per la casa (dalla ristrutturazione alla locazione) ha diritto a scaricare parte delle somme investite. ecco quali sono le spese relazionate alla propria dimora detraibili o deducibili dal 730
prima di tutto bisogna distinguere tra spese detraibili, che vengono utilizzate per diminuire l'imposta da pagare, e spese deducibili, che invece riducono il reddito complessivo su cui calcolare l'imposta dovuta
   deduzione immobili da locare - è una novità della dichiarazione dei redditi di quest'anno. chiunque acquisti da privato un immobile da dare in affitto ha diritto a una deduzione delle spese sostenute (pari al 20% del prezzo di acquisto risultante dall'atto di compravendita).
   detrazioni del 19% interessi passivi mutui - devono essere indicati gli importi degli interessi passivi, degli oneri accessori e delle quote di rivalutazioni pagati nel 2014 per i mutui, indipendentemente dalla scadenza della rata. se si tratta di un mutuo ipotecario con contributi concessi dallo stato, deve essere portato a detrazione la parte di interessi che rimangano effettivamente a carico del contribuente
   detrazioni spese sostenute a vario titolo e da vari soggetti per i canoni di locazione
   detrazioni ristrutturazione edilizia -  confermata anche per quest'anno la detrazione del 50% per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di messa in sicurezza del patrimonio edilizio
   detrazioni per l'acquisto di mobili e di elettrodomestici- indipendentemente dall'ammontare speso per i lavori di ristrutturazione, è possibile detrarre il 50% delle spese sostenute per l'acquisto di grandi elettrodomestici e di mobili per un tetto di spesa di 10.000 euro, spalmabili in 10 anni.
   detrazioni riqualificazione energetica - chi esegue lavori di riqualificazione energetica ha diritto a una detrazione del 65% sulle spese sostenute. da quest'anno decade l'obbligo di inviare al fisco la comunicazione per i lavori che proseguono per più periodi d'imposta, con riferimento alle spese sostenute nel 2014 in relazioni ai lavori che proseguiranno nel 2015
cedolare secca - chi opta per il regime alternativo della cedolare secca per dare in locazione immobili a canone concordato può usufruire, dal 2014 al 2017, di un'aliquota agevolata del 10% (anziché del 15%)
Fonte: idealista.it

17-04-2015

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9 aprile 2015

Diritto di abitazione

Il diritto di abitazione è disciplinato dall'art. 1022 del codice civile, è un diritto reale immobiliare e come tale opera su un piano nettamente distinto dal rapporto obbligatorio di locazione.
Ha carattere strettamente personale e conferisce all'habitator unicamente la facoltà di abitare l'immobile con il proprio nucleo familiare, con esclusione, pertanto, di ogni forma di godimento indiretto nonché di ogni utilizzazione diversa della casa (quali destinazione ad attività professionale, commerciale, ecc.), e nei limiti dei bisogni personali del titolare e della sua famiglia.
Ne consegue che titolare del diritto di abitazione non può essere una persona giuridica ed oggetto del diritto può essere solo una casa idonea all'uso abitativo.
A differenza dell'usuario, l'habitator non ha alcun diritto ai frutti; ha, inoltre, facoltà limitate ai bisogni suoi e della sua famiglia, mentre nell'uso questo limite esiste solo riguardo ai frutti.
In sostanza, su una casa si può costituire o un diritto d'uso, o uno di abitazione, con effetti diversi: nell'uso, il titolare ha non solo il diritto di abitare la casa, ma anche di adibirla a negozio, ufficio, ecc., escludendo del tutto il godimento del proprietario; nell'abitazione, il titolare può solo abitare l'immobile, e deve, inoltre, limitarne l'occupazione a quella parte occorrente ai bisogni logistici propri e della famiglia.
Il diritto di abitazione si estende a tutti gli accessori e pertinenze dell'immobile (balconi, giardini, rimesse, ecc.) in quanto destinati al servizio e all'ornamento della casa.
Il diritto di abitazione non è trasmissibile in via ereditaria, essendo strettamente personale. Può costituirsi per atto tra vivi o mortis causa, anche a favore di più soggetti. In tale ultimo caso, la perdita del diritto o la mancata accettazione di uno dei titolari accresce la quota di godimento degli altri, sempre nei limiti dei bisogni abitativi diretti di ognuno di essi.
Unica ipotesi di costituzione legale del diritto di abitazione è quella dell'art. 540, co. 2 c.c. che prevede a favore del coniuge superstite, anche quando concorre con altri chiamati, il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare (e di uso sui mobili che la corredano), al fine di garantirgli la continuità nel godimento dell'ambiente in cui si era svolta la vita della famiglia.
Tale diritto ha natura di prelegato, spettante a titolo di legittima, oltre la quota in piena proprietà; si ritiene che il diritto del coniuge superstite non sia soggetto al limite della commisurazione ai bisogni propri e familiari.
A tal riguardo proprio recentemente sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno statuito in via definitiva che la natura giuridica dei diritti attribuiti al coniuge superstite possiedono natura di prelegato ex lege anche nell'ambito della successione legittima.
Si afferma infatti che "nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano; il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall'asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest'ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell'attribuzione dei suddetti diritti, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato".
Tale ragionamento si fonda in primo luogo sulla ratio stessa dei diritti d’uso e di abitazione, "riconducile alla volontà del legislatore di realizzare, anche nella materia successoria, una nuova concezione della famiglia tendente ad una completa parificazione dei coniugi non solo sul piano patrimoniale (mediante l'introduzione del regime imperniato sulla comunione legale), ma anche sotto quello etico e sentimentale, sul presupposto che la ricerca di un nuovo alloggio per il coniuge superstite potrebbe essere fonte di un grave danno psicologico e morale per la stabilità delle abitudini di vita della persona" e "tale finalità dell'istituto è valida per il coniuge superstite sia nella successione necessaria che in quella legittima, cosicché i diritti in questione trovano necessariamente applicazione anche in quest'ultima".
In secondo luogo, tale convincimento trova conferma anche sul piano del diritto positivo, che prevede la riserva dei diritti di abitazione ed uso al coniuge “anche quando concorra con altri chiamati”, e che un concorso con “altri chiamati”, oltre che nella successione testamentaria, è presente anche in quella legittima.
Fonte: web

09-04-2015

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3 aprile 2015

Detrazione irpef del 19% degli interessi su mutui

I contribuenti che intraprendono la ristrutturazione e/o la costruzione della loro casa di abitazione principale, possono detrarre dall’Irpef, nella misura del 19%, gli interessi passivi e i relativi oneri accessori pagati sui mutui ipotecari, per costruzione
e ristrutturazione dell’unità immobiliare, stipulati con soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
L’importo massimo sul quale va calcolata la detrazione del 19% è pari a 2.582,28 euro complessivi per ciascun anno d’imposta.
Per costruzione e ristrutturazione si intendono tutti gli interventi realizzati in conformità̀ al provvedimento comunale che autorizzi una nuova costruzione, compresi gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 31, comma 1, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n.457 (ora trasfuso nell’articolo 3 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con Dpr 6 giugno 2001, n. 380).
Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente e/o i suoi familiari dimorano abitualmente.
A tal fine rilevano le risultanze dei registri anagrafici o l’autocertificazione, con la quale il contribuente può attestare anche che dimora abitualmente in luogo diverso da quello indicato nei registri anagrafici.
Per usufruire della detrazione in questione è necessario che siano rispettate le seguenti condizioni:
·       il mutuo deve essere stipulato nei sei mesi antecedenti la data di inizio dei lavori di costruzione o nei diciotto mesi successivi
·       l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro sei mesi dal termine dei lavori di costruzione
·       il contratto di mutuo deve essere stipulato dal soggetto che avrà il possesso dell’unità immobiliare a titolo di proprietà o di altro diritto reale.
La detrazione è limitata all’ammontare degli interessi passivi riguardanti l’importo del mutuo effettivamente utilizzato in ciascun anno per la costruzione dell’immobile.
La detrazione è cumulabile con quella prevista per gli interessi passivi relativi ai mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’abitazione principale soltanto per tutto il periodo di durata dei lavori di costruzione dell’unità immobiliare, nonché per il periodo di sei mesi successivi al termine dei lavori stessi.
Il diritto alla detrazione viene meno a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui l’immobile non è più utilizzato come abitazione principale.
Non si tiene conto delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro.
La mancata destinazione ad abitazione principale dell’unità immobiliare entro sei mesi dalla conclusione dei lavori di costruzione della stessa comporta la perdita del diritto alla detrazione.
In tal caso, il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi da parte dell’Agenzia delle Entrate decorre dalla data di conclusione dei lavori di costruzione.
La detrazione non spetta se i lavori di costruzione dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale non sono ultimati entro il termine stabilito dal provvedimento amministrativo che ha consentito la costruzione dell’immobile stesso (salva la possibilità̀ di proroga). In tal caso, è da questa data che inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi.
Il diritto alla detrazione non viene meno se per ritardi imputabili esclusivamente all’Amministrazione comunale, nel rilascio delle abilitazioni amministrative richieste dalla vigente legislazione edilizia, i lavori di costruzione non sono iniziati nei sei mesi antecedenti o nei diciotto mesi successivi alla data di stipula del contratto di mutuo o i termini previsti nel precedente periodo non sono rispettati.

Fonte: agenzia delle entrate, guide dell’Agenzia ( aggiornamento gennaio 2015)
per approfondire al meglio tutti i dettagli, è consigliabile la consultazione completa della guida.
03-04-2015

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