18 giugno 2016

Canone concordato e cedolare secca al 10%


Negli ultimi anni il ricorso all’affitto è molto aumentato nel nostro paese non è solo a causa della crisi delle compravendite. Il crescente utilizzo dei contratti a canone concordato, associato alla cedolare secca al 10% (molto apprezzata dai proprietari), ha permesso il recupero di una significativa quota di “sommerso”. Risparmio sul canone di affitto per gli inquilini, risparmio fiscale per i proprietari: questi gli ingredienti che hanno decretato il successo dei contratti 3+2. Successo abbastanza diffuso in molte province.
Oltre 1 contratto di affitto su 2 a canone concordato
Per il settore abitativo tra i contratti di affitto più diffusi ci sono ormai quelli a canone agevolato.
Su un campione di agenzie intervistato a proposito della diffusione delle forme contrattuali a canone concordato, arriva infatti a superare di poco il 50% la quota di affitti residenziali per i quali le parti si sono attenute a quanto previsto nell’accordo territoriale per la locazione abitativa agevolata del proprio Comune.
Una percentuale probabilmente destinata ad aumentare.
Facile infatti pensare che le associazioni di categoria di proprietari e inquilini presenti nei Comuni ove gli accordi territoriali sono più datati, visti i consistenti sgravi fiscali che questa forma contrattuale permette, si attivino nel prossimo futuro per aggiornare i valori del canone concordato per la propria città, adeguandoli ai livelli di mercato attuali.
Ancora in vaste aree del paese, infatti, le locazioni concordate si devono basare su canoni il cui importo è stato fissato a fine anni Novanta o inizio anni Duemila: quotazioni ormai fuori mercato, talmente basse che nessuna agevolazione fiscale potrà mai rendere appetibili per un locatore.
Molti Comuni si sono adeguati proprio negli ultimi due anni, proprio per questa ragione. I casi più eclatanti? Milano e Napoli, i cui accordi territoriali erano fermi al 1999, prima del rinnovo del 2015.
Va inoltre detto che la rilevazione si riferisce ad agenzie specializzate nella locazione, capaci quindi di fornire la giusta consulenza sulla formula contrattuale più vantaggiosa ai propri clienti conduttori e locatori.
Facile comprendere che lo stesso know how sulla fiscalità del settore non sia altrettanto diffuso per le transazioni gestite dai privati con il “fai da te”.
Evidente quindi che, man mano che il pubblico acquisirà maggiore conoscenza dei vantaggi fiscali che comporta il ricorso al canone concordato, il numero di affitti che verranno stipulati con contratto agevolato progressivamente crescerà.
Imposizione fiscale al 10%, niente imposta di registro e di bollo, IMU ridotta del 25% queste sono le percentuali sulle quali riflettere.
La domanda ora potrebbe essere: quanto vale il canone concordato per la casa che voglio affittare? La risposta esatta la potrà dare un agente immobiliare serio e competente.
Fatto il conteggio, sorge il dubbio più importante per il proprietario: ci guadagno a usare un contratto a canone concordato o no?
I calcoli vanno fatti caso per caso, perché molte sono le variabili in gioco.
C’entrano le aliquote IMU stabilite a livello locale, che possono differenziarsi per i contratti a canone concordato e, in questo, dare slancio alla convenienza fiscale per il locatore.
Soprattutto, però, incide l’adeguatezza dei valori del canone concordato rispetto ai rispettivi valori di canone di mercato.
A parità di immobile, valori dell’accordo territoriale stabiliti dalle associazioni di categoria troppo al di sotto delle quotazioni dei contratti liberi rischiano di vanificare la convenienza per i proprietari, che preferiranno il classico 4+4.
Invece, canoni abbastanza in linea con quelli di mercato garantiscono una diffusione capillare di questa forma contrattuale, perché il vantaggio fiscale per i proprietari compensa il minor canone e, al contempo, l’inquilino – pur non di molto – risparmia. Si veda il caso delle città dell’Emilia Romagna, dove gli accordi territoriali stipulati secondo la Legge 431/1998 sono molto aderenti ai valori di mercato e, per questo, molto utilizzati.
Al netto di una buona rispondenza delle tariffe dell’affitto concordato rispetto a quello al libero mercato, è la parte fiscale che ha il peso maggiore. Perchè la questione, alla fine dei conti, è sempre: quanto risparmio di tasse con un contratto 3+2 con cedolare secca?
Ci sono alcuni elementi di indiscutibile vantaggio, in particolare se viene associato al contratto a canone concordato (come forma contrattuale) la cedolare secca (come regime fiscale a cui assoggettare il reddito da locazione).
In questo caso, infatti, il proprietario gode di:
• Cedolare secca con aliquota agevolata del 10%, anziché con quella ordinaria del 21% (aliquota che, invece, va applicata a tutti i contratti abitativi diversi da 3+2 e a studenti universitari fuori sede, così come a qualsiasi contratto di affitto abitativo stipulato in una città che non rientra nell’elenco del CIPE dei Comuni ad alta tensione abitativa)
• Imposta di registro per la prima annualità e per le annualità successive non dovuta
• Imposta di bollo non dovuta
• Aliquota IMU ridotta del 25% rispetto a quella prevista per gli immobili locati senza il ricorso al canone concordato. Se, quindi, il Comune in oggetto già prevedeva un’aliquota ridotta per i contratti a canone concordato rispetto a quella prevista per gli altri immobili locati, è su questa aliquota già scontata che si applica l’ulteriore sconto del 25%. Questo ulteriore vantaggio è stato introdotto con la Legge di Stabilità approvata lo scorso dicembre scorso.
Unico svantaggio significativo: non poter effettuare, anno per anno, l’aggiornamento Istat del canone di locazione, tra l’altro in misura non superiore al 75% dell’indice Istat F.O.I. quando ci si avvale di contratto concordato.
È una grossa perdita? Negli ultimi anni decisamente no, dato che con l’inflazione bassa degli ultimi anni l’aggiornamento Istat risulta piuttosto esiguo. Da valutare inoltre che, dato che la durata contrattuale media per gli affitti abitativi si aggira attorno ai due anni nel nostro paese, la probabilità di poter incrementare considerevolmente il canone di locazione è molto ridotta.
Fonte: web
18-06-2016

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