26 febbraio 2016

Locazione e imposta di registro

L’Agenzia delle Entrate non potrà più mandare, agli inquilini, avvisi di pagamento per richiedere il pagamento dell’imposta di registro sul contratto di locazione non dichiarato. Questo perché la legge di Stabilità sembra aver tacitamente abrogato la norma del 1986 [2] che stabiliva la responsabilità solidale tra inquilino e padrone di casa. In verità la questione non è così scontata e si presta a grossi dubbi interpretativi, frutto di un mancato coordinamento tra le norme a cui non è stato dato ancora chiarimento. Ma procediamo con ordine.
Fino al 1° gennaio 2016, la legge stabiliva che l’imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili (nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi) da pagarsi entro trenta giorni dalla firma dell’atto, doveva essere pagata indistintamente dalle parti, locatore o conduttore. L’obbligo veniva anche esteso all’agente immobiliare a seguito della cui attività il contratto è stato concluso.
Questo implicava la cosiddetta responsabilità solidale (o “in solido”): in pratica, in caso di mancato pagamento dell’imposta di registro, l’Agenzia delle Entrate poteva mandare la richiesta di pagamento a entrambe le parti (locatore e conduttore) e da ciascuna di esse pretendere l’intero pagamento, salvo poi per quest’ultima il diritto di rivalersi, nella misura del 50%, nei confronti dell’altra, chiedendo il rimborso. Tanto è stato più volte sottolineato dalla stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione. Inquilino e padrone di casa, insomma, erano uguali davanti al fisco.
Ora questa norma risulta, a prima lettura, del tutto incompatibile con la nuova previsione della Legge di Stabilità. Dall’inizio del 2016, difatti, la materia risulta parzialmente modificata nel seguente modo. Oggi la legge  prescrive espressamente che la registrazione debba essere chiesta solo dal locatore (“È fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all’amministratore del condominio, anche ai fini dell’ottemperanza agli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale”).
Non potendosi dunque attribuire le conseguenze negative dell’altrui inadempimento a un soggetto non tenuto all’obbligo (ossia l’inquilino), quest’ultimo non potrebbe neanche essere chiamato a rispondere in solido con il primo per l’omissione di questi.
In buona sostanza, se la legge impone la registrazione solo in capo al padrone di casa, da compiersi entro 30 giorni (con presentazione del contratto all’ufficio di registro), non potrebbe poi inviare, anche all’inquilino, la richiesta di pagamento dell’imposta di registro eventualmente non versata.
È il caso, peraltro, di ricordare, a sostegno di ciò, che sempre la legge di Stabilità offre una tutela particolare per il conduttore il quale abbia dovuto “subire” un contratto di affitto non registrato o con indicazione di un canone diverso da quello effettivamente corrisposto: egli, nei casi di nullità del contratto di affitto (nullità che consegue, appunto, dalla mancata registrazione) può chiedere al giudice, entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, la restituzione dei canoni di locazione corrisposti in maniera superiore a quelli degli accordi collettivi o di mercato.
L’incompatibilità tra le due normative porterebbe a pensare che la successiva avrebbe abrogato la precedente per incompatibilità tra le due discipline. Non si potrebbe, infatti, da un lato accordare tutela all’inquilino che abbia, giocoforza, dovuto subire l’omissione della registrazione da parte del locatore e, nello stesso tempo, poi, inviargli la richiesta di pagamento dell’imposta con le eventuali sanzioni.
Se l’obbligo di effettuare la registrazione spetta unicamente al proprietario, come potrebbero peraltro gli uffici accettare l’adempimento da parte di un soggetto differente?
Il fatto, però, che non sia intervenuta alcuna abrogazione espressa potrebbe far pensare alla convivenza di entrambe le norme, la prima con effetti solo civilistici, la seconda con effetti tributari. Dunque, il locatore che non registri l’atto compie un atto sanzionabile dal punto di vista civilistico, ma se il conduttore vuol evitare conseguenze fiscali, deve attivarsi personalmente a registrare il contratto. Quindi, in base alla normativa fiscale, il conduttore resta obbligato alla registrazione. È chiaro, però, che se la registrazione avviene a cura del conduttore l’obbligo di comunicazione all’amministratore (ma ovviamente non all’inquilino) resterebbe a carico del locatore.
Insomma, la normativa non è chiara: dal canto nostro speriamo che l’Agenzia delle Entrate, di norma così solerte a richiedere l’adempimento degli obblighi tributari, voglia questa volta risolvere il dubbio interpretativo prima di iniziare a spedire le prossime lettere di pagamento ai cittadini, vittime ancora una volta di una pessima tecnica legislativa, incapace di coordinare tra loro vecchie e nuove norme.
Fonte: laleggepertutti.it

26-02-2016
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Tasse prima casa, agevolazioni previste

Con la legge di Stabilità 2016 per il settore immobiliare sono state introdotte importanti novità. Ecco quali sono le agevolazioni previste in materia di tasse sulla prima casa.
Imu-Tasi
Niente più Tasi sulla prima casa, eccezion fatta per le abitazioni di lusso (quelle appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9). Nel caso delle abitazioni in affitto, il locatario paga la quota spettante in base alla delibera Tasi 2015, l’inquilino nulla.
E’ stata poi riconosciuta l’esenzione Tasi anche alla casa assegnata al coniuge, ma solo previo provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.
L’esenzione Tasi spetta anche sulle pertinenze, ma bisogna ricordare che è possibile correlarne all’abitazione principale massimo tre, appartenenti a catastali diverse fra loro. Le eventuali pertinenze escluse dal beneficio pagano l’Imu con l’aliquota prevista in delibera comunale per la tipologia di immobile.
E’ stato stabilito uno sconto Imu sulle abitazioni di lusso: aliquota massima allo 0,4%, non più allo 0,6%, mentre resta la detrazione di 200 euro.
Nel caso degli immobili dati in comodato d’uso ai parenti di primo grado è previsto il dimezzamento della base imponibile Imu-Tasi, a condizione che il proprietario non possieda altri immobili ad uso residenziale in Italia. La sola eccezione è rappresentata dal possesso dell’immobile di residenza, oltre a quello dato in comodato al parente, purché le due abitazioni si trovino nello stesso Comune.
Leasing immobiliare
La misura prevede che l’inquilino/futuro acquirente versi un affitto alla banca o all’intermediario finanziario, che di fatto acquista la casa in leasing detenendone il possesso per un periodo di tempo prestabilito nel contratto. Al termine di tale periodo di tempo la banca o l’intermediario finanziario procede alla vendita all’inquilino, nel caso ne faccia richiesta, a un prezzo concordato preventivamente. Nel caso in cui l’inquilino/acquirente receda prima della scadenza, l’immobile in questione rimane alla banca.
Per le giovani coppie che hanno meno di 35 anni e un reddito fino a 55mila euro sono previsti particolari sconti: una detrazione del 19% sul prezzo di affitto fino a un tetto di 8mila euro l’anno e sul prezzo di acquisto sino a 20mila euro.
Bonus mobili giovani coppie
Le giovani coppie, nelle quali almeno uno dei partner ha meno di 35 anni, che acquistano la prima casa possono usufruire di un bonus mobili per gli arredi e gli elettrodomestici. L’agevolazione consiste in una detrazione del 50% fino a un tetto di spesa di 16mila euro ed è suddivisa in 10 quote annuali, tutte dello stesso importo. La coppia non deve essere necesseriamente sposata.
Bonus acquisto prima casa
La misura consente a chi in passato ha acquistato una prima casa usufruendo delle agevolazioni previste di comprare un nuovo immobile sfruttando ancora una volta i benefici fiscali senza dover vendere prima il precedente, a patto però che l’abitazione acquistata in precedenza venga alienata entro un anno dalla data dell’atto.
Se il venditore è un privato, l’imposta di registro è al 2%, mentre le imposte ipotecarie e catastali sono dovute nella misura di 50 euro ciascuna. Se il venditore è un’impresa costruttrice, l’Iva è al 4% e le imposte catastale e di registro a 200 euro.
Il bonus non può essere applicato agli immobili di categoria catastale A1, A8, e A9.
Bonus ristrutturazione e riqualificazione energetica
Le agevolazioni fiscali per chi ristruttura un’abitazione o per chi effettua lavori di riqualificazione energetica sono state prorogate al 31 dicembre 2016. Per chi ristruttura la casa, la detrazione rimane al 50% fino a un tetto di spesa massimo pari a 96mila euro. Per chi effettua lavori di riqualificazione energetica, la detrazione è al 65% con tetti che cambiano a seconda dei lavori realizzati. E’ previsto, inoltre, il bonus mobili al 50%, per un tetto di spesa massima di 10mila euro sull’acquisto di arredi ed elettrodomestici destinati all’immobile che è oggetto della ristrutturazione edilizia.
Fonte: idealista.it
26-02-2016

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20 febbraio 2016

Regolamento edilizio unico

Il Mit raggiunge l’accordo con le Regioni sulla definizione di superficie. Manca poco al testo definitivo
Sono ormai passati quasi 2 anni, da quando lo Sblocca Italia aveva previsto che il Governo, le Regioni e gli Enti locali, in attuazione del principio di leale collaborazione,  avrebbero dovuto concludere un accordo in sede di Conferenza unificata per l’adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo al fine di semplificare ed uniformare gli adempimenti su tutto il territorio italiano.
Il regolamento edilizio costituisce uno strumento fondamentale per dare attuazione alla tanto desiderata “semplificazione” delle procedure edilizie, che comunque è almeno già iniziata grazie  ai moduli unificati per CIL, CILA, SCIA e Permesso di costruire.
Nel frattempo, il Mit (Ministero infrastrutture e trasporti) sta spingendo sull’acceleratore per giungere allo schema definitivo, che negli ultimi tempi aveva trovato una serie di ostacoli a causa di alcune Regioni che non erano concordi su alcune questioni, tipo le definizioni standardizzate.
Ad esempio, uno dei nodi da sciogliere era quello della definizione di “superficie”:  il problema sarebbe legato al fatto di includere o meno le parti comuni (androne e scale) nelle cubature assentite: se ad esempio si includessero nella definizione di superficie le scale e gli androni, si otterrebbero abitazioni con scale e androni ridotti al minimo, per massimizzare invece le volumetrie residenziali.
Intanto si apprende che finalmente che è stato raggiunto un accordo tra il Mit e gli enti locali, che avrebbero risolto i principali problemi posti dagli enti locali, tra cui la definizione di superficie.
Nel nuovo regolamento edilizio unico sarebbero presenti 4 definizioni di superficie, rilevanti ai fini del calcolo della volumetrie:
   superficie totale: include tutti i piani fuori terra, seminterrati e interrati comprese nel profilo perimetrale esterno dell’edificio
   superficie lorda: la superficie totale senza le superfici accessorie e incluse le murature
   superficie utile: la superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre
   superficie accessoria: comprende  tutti gli spazi non abitabili (portici, ballatoi, balconi, cantine, sottotetti, vani scala, depositi, garage, androni)
Manca dunque davvero poco per ottenere il testo definitivo del regolamento unico edilizio, che metterà fine alle notevoli disparità che oggi si manifestano tra Regione e Regione  e tra Comune e Comune.
Fonte: biblus-net
20-02-2016
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Imu e tasi su comodato d'uso

Imu e tasi su immobili in comodato d’uso, cosa cambia rispetto al passato?
Dal 2016 Imu e Tasi sugli immobili concessi in comodato d’uso tra genitori e figli vengono dimezzate. Ecco cosa cambia rispetto al passato e quali sono i requisiti necessari
La legge di Stabilità 2016 (legge n. 208/2015) ha introdotto una riduzione del 50% della base imponibile di Imu e Tasi per gli immobili concessi in comodato d’uso tra parenti in linea retta entro il primo grado (genitori e figli).
Valutiamo innanzitutto le regole che vigevano in precedenza (2014 e 2015).
Imu e Tasi in comodato d’uso anni 2014 e 2015
Per gli anni 2014 e 2015,  i Comuni avevano la facoltà di assimilare l’abitazione concessa in comodato d’uso tra parenti in linea retta ad abitazione principale dell’immobile. In tal caso, il Comune doveva specificamente prevedere tale assimilazione nella delibera comunale e poteva anche fissare come condizione necessaria quella di provvedere alla registrazione del contratto di comodato presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, il Comune poteva prevedere l’assimilazione ad abitazione principale fino alla quota di rendita catastale non eccedente i 500 euro oppure che tale assimilazione fosse limitata al caso in cui il comodatario appartenesse ad un nucleo familiare con valore Isee non superiore a 15.000 euro annui.
Pertanto, per l’Imu era possibile ottenere l’esenzione Imu mentre la Tasi era dovuta su tutti gli immobili indipendentemente dalla categoria catastale di appartenenza.
Imu e Tasi in comodato d’uso 2016
Dal 2016, la legge di Stabilità sottrae al Comune la possibilità di deliberare autonomamente l’assimilazione ad abitazione principale dell’immobile concesso in comodato d’uso al figlio, introducendo l’unica agevolazione consistente nella riduzione della base imponibile Imu e Tasi nella misura del 50%.
Tuttavia sono necessari alcuni requisiti soggettivi ed oggettivi.
Requisiti soggettivi
Per ottenere la riduzione di Imu e Tasi al 50% in caso di comodato, sono necessari i seguenti requisiti soggettivi:
1.  il comodatario (chi riceve in comodato l’abitazione) deve utilizzare l’immobile ricevuto in comodato come propria abitazione principale, ossia deve risiedervi anagraficamente e dimorarvi abitualmente
2.  il comodante (colui che cede l’abitazione in comodato) deve possedere un solo immobile sul territorio nazionale
3.  il comodante deve risiedere anagraficamente nonché dimorare abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato
Il MEF ha già chiarito che, relativamente al secondo requisito soggettivo, ove il legislatore ha parlato in maniera generica di “immobile”, occorre far riferimento ad uso abitativo.
La condizione soggettiva che limita notevolmente il campo di applicazione dell’agevolazione è la residenza del comodante: questi deve risiedere nello stesso comune in cui si trova l’immobile ceduto in comodato. Quindi, per ottenere l’agevolazione, il comodante dovrebbe cedere l’unico immobile “abitativo” di cui è proprietario ed andarsene a vivere in affitto nello stesso comune in cui è situato l’immobile. Tuttavia, viene poi introdotta una eccezione:
   il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante oltre all’immobile concesso in comodato possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9
Requisiti oggettivi
I requisiti oggettivi sono invece 2:
a.  l’immobile oggetto del comodato deve essere di categoria non di lusso (cat. A2, A3, A4, A5, A6 e A7)
b.  il contratto di comodato deve essere registrato presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate
I casi possibili
In definitiva, analizzando attentamente i requisiti, il campo di applicazione del beneficio si può ridurre a 4 casi:
i.   il comodante possiede un solo immobile: il comodante (esempio il padre) possiede un solo immobile ad uso abitativo e non di lusso e cede tale immobile in comodato (ad esempio al figlio); il comodante dovrà risiedere in affitto nello stesso comune in cui è situato l’immobile ceduto in comodato
ii.  il comodante possiede una abitazione e altri immobili: il comodante possiede un unico immobile abitativo non di lusso che cede in comodato e altri immobili non abitativi sul territorio italiano (ad esempio terreni, aree edificabili, negozi o uffici) e risiede in affitto nello stesso comune in cui è situato l’immobile ceduto in comodato
iii.il comodante possiede due abitazioni: il comodante possiede l’immobile abitativo non di lusso che cede in comodato e altro immobile che costituisce la sua abitazione principale nello stesso comune  in cui è situato l’immobile ceduto in comodato
iv.il comodante possiede due abitazioni e altri immobili: il comodante possiede l’immobile abitativo non di lusso che cede in comodato, un altro immobile che costituisce la sua abitazione principale nello stesso comune in cui è situato l’immobile ceduto in comodato e altri immobili non abitativi sul territorio italiano (terreni, aree edificabili, negozi o uffici)
Comodato d’uso di immobile storico
Il MEF in occasione di Telefisco 2016 ha chiarito che l’agevolazione sugli immobili in comodato si applica anche agli immobili storici, che a loro volta godono del beneficio Imu e Tasi. Pertanto, nell’ipotesi di immobile storico o artistico concesso in comodato, le 2 agevolazioni sono cumulabili e si avrà la doppia riduzione della base imponibile del 50%, ottenedendo una base imponibile Imu e Tasi pari al 25%.
Fonte: biblus-net

20-02-2016
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