Secondo quanto rilevato da una ricerca del Centro Studi
ImpresaLavoro, con l’abolizione della Tasi, la tassa sui servizi indivisibili,
scende la pressione fiscale sugli immobili. Dopo il livello record raggiunto
nel 2015 (52,3 miliardi di euro), il gettito complessivo sugli immobili in
Italia dovrebbe ridursi per quest’anno a 49,1 miliardi, con una flessione
quantificabile nel 6,1%.
Tuttavia, la pressione fiscale risulterà a fine anno ancora ben
lontana dai livelli del 2011, rispetto ai quali l’incremento risulta di 11,4
miliardi su base annua, segnando in termini relativi un corposo più 30,2%.
Ciò che ha subito il maggiore incremento nel periodo considerato
è la quota patrimoniale del prelievo, più che raddoppiata (+173%) secondo
quanto riporta la stessa Corte dei Conti, a differenza delle entrate
attribuibili agli atti di trasferimento (-29%) e a quelle sul reddito
immobiliare, sostanzialmente inalterate secondo quanto risulta a ImpresaLavoro,
nonostante la crescita del gettito da locazioni favorita dall’introduzione
della cedolare secca sugli affitti.
I tre miliardi e mezzo di calo rispetto all’anno precedente sono
integralmente attribuibili al taglio della Tasi per le abitazioni principali
licenziato dal governo nell’ultima legge di Stabilità e che fa passare il
gettito della misura da 4,7 a 1,1 miliardi di euro.
L’analisi ha poi evidenziato che, invece, rimangono stabili a
20,4 miliardi su base annua le entrate derivanti dall’Imu: la componente
esplicitamente patrimoniale dell’imposizione sugli immobili è comunque più che
raddoppiata rispetto al 2011 quando valeva “solo” 9,2 miliardi di euro. In
crescita rispetto a cinque anni fa anche il gettito derivante dalle tasse sui
rifiuti che passano da 5,6 a 8,4 miliardi di euro.
Fonte: web
08-09-2016
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